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Intervento su Accademia di Belle Arti e Conservatorio

 

 

Non voglio entrare nella disputa sul trasferimento nella zona Casaleno dell'Accademia di Belle Arti, sia per non invadere un terreno di discussione che è ottimamente e legittimamente coperto dai dirigenti di quell'Istituzione sia perché le ragioni portate dal comitato che ne chiede la permanenza nel centro storico sono da dibattere con serietà prima ancora di accoglierle o respingerle.   

Vorrei, invece, sollecitare l'attenzione (anche per qualche apprezzamento che in questo senso è stato fatto) sulla realtà di questa area nella quale il Conservatorio già si trova e opera e sul senso urbanistico che essa può assumere nel futuro prossimo per la città, la provincia e l'intera  parte meridionale della nostra stessa regione.

Oggi più che di una "landa abbandonata" (come si è sentito affermare - ma in realtà in questo deserto si trovano persone, attività, servizi, esercizi, uffici pubblici e privati) possiamo parlare di una landa disgregata, senza orientamento, e che tuttavia potrà trovare una sua compiutezza se gli amministratori, ma anche tutti i cittadini con la forza della loro partecipazione a un discorso pubblico sul tema che finalmente sembra essersi aperto, daranno prova di un surplus di fantasia progettuale, di capacità di proiezione verso le esigenze di domani sapendole leggere insieme con quelle di oggi.

Credo non sia improprio chiedersi che funzione ricoprirà un'area nella quale attualmente abbiamo già il Conservatorio, un centro sportivo olimpico, gli uffici del comune, un ospedale e la Asl, un ipermercato e dove, tra non molto, ci saranno l'auditorium del Conservatorio e, forse un po' più avanti, un grande teatro comunale e la stessa Accademia. Sta configurandosi, in sostanza, e in preoccupante assenza di un dibattito adeguato, un abbozzo di centro direzionale in cui attività culturali e sportive, da una parte, e servizi pubblici di vario tipo dall'altro sono destinati ad aggregarsi e svilupparsi.

Si ha l'impressione, però, che tutto possa avvenire in modo molto casuale, senza una regia, fuori da un orizzonte progettuale che sappia combinare le parti diverse e perciò con il rischio di uno spreco di risorse e in una prospettiva inutile al riequilibrio dell'intera città (anche quella vecchia).

Per il Conservatorio noi oggi pensiamo a un progetto tanto ambizioso quanto necessario. Abbiamo spazi che possono essere utilizzati per creare un luogo in cui giovani e meno giovani si incontrino con e per la musica, dedicato alla sua funzione formativa primaria (un'Istituzione di alta formazione che con la riforma del 1999 ha acquisito il livello universitario) ma aperto all'offerta culturale e di intrattenimento di qualità e arricchito con le infrastrutture, i servizi e le attività connesse: qualcosa che si avvicina - vogliamo dirlo? - a un Piccolo Parco della Musica. Insieme con l'Accademia si verrebbe a realizzare di fatto un Polo delle Arti, anch'esso delineato dalla legge di riforma nella figura istituzionale del Politecnico. Per riuscirci, perché questa non rimanga una fantasia (come non rimase fantasia la "visione" del maestro Paris) dobbiamo unire risorse e sforzi di enti locali, associazioni cittadine, forze politiche e sociali, gente di buona volontà.

È una prospettiva realistica? Ce ne sono altre migliori? Prima di arrivare alla risposta e concludere con un "sì" o con un "no", mi pare opportuno aprire una discussione vera, alla quale partecipi tutta la nostra comunità provinciale: perché il destino di questa area non riguarda solo noi e non riguarda nemmeno solo la città di Frosinone.

 

Tarcisio Tarquini

Presidente del Conservatorio L. Refice

 

(Frosinone, 21 Maggio 2011)