Daniele Paris inizia un'attività
didattica permanente piuttosto tardi, a quasi cinquant'anni. Nel
1970 istituisce una Scuola comunale di musica con il sostegno degli
amministratori della città di Frosinone. Vi chiama personalmente a
insegnare, oltre Severino Gazzelloni, alcuni dei suoi amici più
vicini e colleghi, peraltro musicisti straordinari: "Voluta da
Daniele Paris, la Scuola annoverava tra gli altri docenti Dino
Asciolla […], Arnaldo Graziosi, Vincenzo Mariozzi, Bruno Nicolai
[…]. La statalizzazione, ottenuta già nel '72, costrinse Asciolla,
Morricone e Nicolai a rinunziare all'incarico. A eccezione dei
Corsi estivi di perfezionamento presso l'Accademia Chigiana di
Siena (dal 1991) questa di Frosinone resta l'unica esperienza
didattica di Morricone […]". Paris aveva già assunto l'incarico di
Composizione presso il Conservatorio di musica "Lorenzo Perosi" di
Campobasso, dove insegna dal febbraio 1972 al settembre 1973. Nel
frattempo a Frosinone era stata istituita una sezione staccata del
Conservatorio di musica "Santa Cecilia" di Roma, con inizio delle
lezioni nell'ottobre 1972. Due anni dopo, con D.P.R. n° 646 del 3
maggio 1974, viene istituito formalmente il Conservatorio statale
di musica "Licinio Refice" di Frosinone, alla cui direzione è
nominato lo stesso Paris. Dall'ottobre 1974 assume la titolarità
dell'insegnamento di Direzione d'orchestra; continuerà tuttavia a
tenere, in quanto direttore dell'istituto, anche il corso di
Composizione.
A indicare l'espansione dell'istituto sotto la sua direzione sono
sufficienti pochi numeri: alla data dell'istituzione il
Conservatorio statale di musica "Licinio Refice" presenta 20 classi
con 20 professori, per un totale di 226 allievi; alla scomparsa di
Paris (1989) le classi e i professori sono 151, gli allievi 1075.
La crescita non è solo quantitativa: nell'arco di circa dieci anni
l'istituto diventa un punto di riferimento fondamentale per la
formazione musicale, nel Lazio e, più estesamente, nell'Italia
centrale, con allievi provenienti anche da regioni assai lontane
come Sicilia e Sardegna. In particolare, accogliendo numerosi
allievi e docenti provenienti dall'area metropolitana romana, esso
attiva un intenso e stimolante movimento di idee e persone da cui
trarranno ampio beneficio sia la proposta didattica generale che la
vita culturale dell'area di afferenza. Inoltre, proprio a causa del
modello didattico precedentemente descritto, fondato su una
lungimirante e non rigida applicazione delle norme, l'istituto
riuscirà ad attrarre anche musicisti provenienti da aree esterne
alla musica colta (jazz, musica leggera, folk-progressivo, ecc.),
in maniera tale da far circolare, anche in ambienti molto lontani e
diversi, l'immagine dell'istituto come di una scuola musicale molto
dinamica ed attiva, favorevole allo sviluppo di forme diverse di
creatività musicale. Per dare una risposta formale a tali istanze
Paris promuove l'attivazione di numerose nuove Scuole, come Musica
jazz, Musica elettronica, Scuola sperimentale di composizione, che
costituiscono ulteriori impulsi per una proposta formativa
complessa, articolata e innovativa rispetto alle abitudini di altri
istituti, piuttosto attardati su linee pedagogiche tradizionali. Si
può senz'altro rilevare come negli oltre quindici anni della
direzione Paris siano passati nell'istituto da lui diretto
centinaia di musicisti ora attivi in campi e istituzioni
molteplici.
Infine, per l'area estesa di afferenza (Lazio e territori
viciniori), la presenza e l'azione formativa dell'istituto hanno
costituito senz'altro un vettore determinante di trasformazione e
sviluppo: per centinaia di famiglie la prospettiva di svolgere una
professione musicale ha assunto una credibilità crescente, tale da
poter essere considerata una opzione possibile e
gratificante.
Conseguentemente a questo orientamento si è determinata inoltre una
forte espansione della mobilità sociale e territoriale che ha
condotto molti giovani musicisti provenienti dalla città e province
vicine a realizzare altrove la propria professione, con risultati
spesso molto lusinghieri. Tutti costoro possono ben essere
considerati allievi di Daniele Paris: senza le sue scelte e
battaglie, migliaia di donne e uomini non avrebbero avuto
opportunità alcuna di "fare e sentire la musica", non solo come
intrattenimento, ma anche come esperienza professionale e di vita …
e forse non sarebbero stati nemmeno sfiorati dall'idea che questo
potesse mai accadere.
Licino Refice
Licinio Goffredo Clinio
Elpidio Refice (Patrica, 12
febbraio 1883 - Rio de Janeiro,
11 settembre 1954) è stato un
compositore italiano, con Lorenzo
Perosi e Raffaele Casimiri fu tra i massimi
riformatori della musica sacra all'interno del
movimento suscitato da papa Pio X.
Biografia
Si diplomò nel 1910 in composizione con il massimo
dei voti e menzione speciale del Ministero della Pubblica
Istruzione.
La sua caratteristica è una certa eccitazione che imprime alle
composizioni, anche sacre, specialmente le Messe che egli considera
come dei microdrammi. Non a caso la sua prima Messa, dal titolo
Cantate Domino canticum novum (1910) suscitò
vive polemiche e il compositore rischiò di perdere due prestigiosi
impieghi: insegnante alla Scuola Superiore di Musica Sacra (poi
Pontificio Istituto di Musica Sacra) e direttore della
Cappella Musicale Liberiana (Santa Maria
Maggiore). Si mise in luce con una serie di composizioni che
ampliavano e modificavano l'Oratorio tradizionale adottando la
lingua volgare come veicolo di una più diretta comunicazione. Vanno
ricordati a questo proposito il Dantis pöetae transitus
(Ravenna, 13 dicembre 1921)
su libretto italiano di Giulio Salvadori. A
Ravenna giunse in compagnia di Arturo
Toscanini, il quale in seguito si sarebbe espresso sul conto
del Refice in modo iperbolico. Seguì il Trittico
francescano (Assisi, 3 ottobre
1926) su testo di Emidio Mucci.
Fu proprio il temperamento che, sebbene sacerdote,
lo portò a comporre opere liriche, che naturalmente dovettero
essere a soggetto sacro. Furono Cecilia, in tre episodi e
quattro quadri, e Margherita da Cortona in un
prologo e tre atti. La prima di Cecilia, il 15
febbraio 1934 al Teatro Reale dell'Opera
di Roma, ebbe un grande successo anche grazie
all'interpretazione della divina Claudia
Muzio (vedi sito ufficiale). L'evento fu
possibile dopo una lunga battaglia condotta da Refice presso le
autorità civili e religiose per un decennio. Infatti la partitura
era pronta già nel 1922 e l'autore sperava di
rappresentarla per l'Anno Santo del 1925.
Grazie ad alcuni primati riscossi con quest'opera, ottenne di poter
inaugurare la stagione teatrale alla Scala di Milano
il 1º gennaio 1938 con Margherita da Cortona, protagonista
Augusta Oltrabella. Toscanini, dopo l'esecuzione, così
si espresse: «Refice sarebbe il più grande operista del nostro
tempo se non fosse per quella tonaca». Con questa espressione il
grande direttore d'orchestra prevedeva il peso che l'abito
ecclesiastico avrebbe esercitato sull'artista. Tuttavia, occorre
riconoscere, che Refice non recriminò mai sul proprio status,
sentendosi fino in fondo un autore di musica sacra. Dopo l'opera
lirica dedicata ad una martire cristiana e l'altra che narra le
vicende di una peccatrice redenta, Refice sembrò confermare ciò che
Arturo Toscanini aveva appena detto di lui. In effetti l'agiografia
non fornisce materia per la drammaturgia diversificabile.
Il Maestro si dedicò a portare le due creature nei maggiori
teatri del Mondo sempre con vivo successo, entrando in conflitto
con il Capitolo di Santa Maria Maggiore perché trascurava il suo
ruolo di Maestro di Cappella. Fu infatti defenestrato mentre, a
capo dei Cantori Romani di Musica Sacra, gruppo da lui stesso
formato, percorreva Stati Uniti, Messico
e Canada per una serie di concerti durata sei mesi e
che ebbe grande risonanza anche politica nel clima del dopoguerra,
tanto che ebbe i rallegramenti di Alcide De Gasperi,
come ricorda il senatore Giulio Andreotti in uno dei
suoi ultimi libri.
Negli ultimi anni volle tornare all'opera lirica e iniziò a
musicare Il Mago del suo librettista Emidio
Mucci. Il dramma è ambientato nei primi secoli del
Cristianesimo e racconta il trionfo della Fede sulla superstizione.
L'opera rimase incompiuta al primo atto. L'autore morì a Rio de
Janeiro il giorno 11 settembre 1954 alle ore 10:15
durante le prove di Cecilia, protagonista Renata
Tebaldi, di cui Refice fu tra i primi a intuire la
grandezza. Il coro cantava:«A morte! A morte!» all'indirizzo di
Cecilia.
Gli è stato dedicato il conservatorio di
Frosinone